La recensione di Alessandra Micheli a Maggio per sempre

Ho la fortuna di aver letto questo libro quando era ancora un manoscritto, ho la fortuna di aver conosciuto Alessandro Testa, l’autore, e averlo seguito fin dal suo primo romanzo. Ho la fortuna di essere il suo editore. Leggere la recensione di Alessandra Micheli non fa che confermare la mia prima intuizione, Testa è bravo e diventa sempre più bravo, romanzo dopo romanzo. E non solo io a sostenerlo, lo confermano i numeri uno in classifica e il numero di copie vendute.

Leggete la recensione, perché oltre ad essere il giudizio sul libro è uno spaccato di storia e realtà, che Alessandra Micheli ha saputo cogliere e descrivere molto bene, come molto bene ha saputo vedere l’anima stessa del libro, Maggio per sempre.

Le promesse vanno mantenute, soprattutto se sono piacevoli

Le promesse vanno mantenute e io sono una donna di parola.

Ecco qui il primo capitolo della mia nuova commedia brillante, Il Re della piadina.

Divertitevi e ridete e, se lo credete fatemi sapere cosa ne pensate

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Sono in ritardo. La sveglia, maledetta lei, non è suonata e ora mi tocca guidare come al Gran Premio di Montecarlo. A dir la verità lo faccio anche quando sono in orario.

«Mamma, per favore, preferisco arrivare tardi a scuola che in anticipo al mio funerale.»

Lancio un’occhiata a Francesco e sorrido. La calma fatta a ragazzo, chissà da chi ha preso.

«Non hai il compito di greco alla prima ora?»

«Alla terza. E se fai un’altra frenata così, ti vomito la colazione sul cruscotto.»

Questo, e il differimento del compito in classe, mi fanno alzare il piede dall’acceleratore.

«Sei pronto?»

Non risponde, sospira e alza gli occhi al cielo. Se lo può permettere, la sua media scolastica è di otto e tre quarti, ma io sono sua madre e certe domande mi vengono spontanee.

«Ok, domanda di riserva: cosa vuoi per cena?»

Sorride e diventa bello come un angelo, il mio bambino di un metro e novanta.

«Cuciniamo io e Brigitta, sorpresa.»

Addio dieta, quei due ai fornelli sono la quint’essenza della scienza culinaria.

Siamo arrivati. Freno con delicatezza e lo guardo. Si allunga per darmi un bacio sulla guancia.

«Ti porto a casa un bell’otto, mammina.»

Scende, si mette lo zaino sulle spalle e si disperde in una folla di liceali.

Sembrava ieri, mi sorprendo a pensare, sembrava ieri che al liceo ci andavo io e invece…

«Basta con questi discorsi da vecchia», mi rimprovero e ingrano la marcia.

Nel tragitto verso l’ufficio, ripasso gli impegni della giornata e il mio umore precipita all’allungarsi della lista. Non faccio il lavoro che avevo scelto di fare, ma quello che il destino ha scelto per me: la professione di papà. Perché lo faccio? Perché quando lui e il suo socio sono morti in un incidente, mi sono ritrovata a sostituirlo.

A tempo determinato, avevo detto, e invece a distanza di quasi quindici anni sono ancora qui.

Brunelli Real Estate Agency. Un’immobiliare che tratta solo immobili di prestigio. Ville e appartamenti dal milione di euro in su. Mio padre era un megalomane che si era fatto da sé. Parlava un inglese maccheronico, eppure aveva venduto più case lui a lord inglesi di quante onorificenze avesse appuntato la regina Elisabetta. Aveva la quinta elementare, ma aveva creato e diretto un impero immobiliare. Io mi sono laureata in storia e ho iniziato a lavorare all’università e poi…  poi lui è morto. Sull’ultimo modello di Ferrari che si era comprato. E io mi sono ritrovata seduta sulla sua poltrona a cercare di emulare le sue gesta, per altro inimitabili.

Insieme all’agenzia, ho ereditato anche il figlio del suo socio. Gualtiero. Un deficiente borioso, lazzarone, bugiardo e, per dirla tutta, con il cervello nelle mutande.

Parcheggio nel mio posto riservato e salgo nell’ascensore Liberty. Non in stile, proprio Liberty, l’immobile è d’epoca. E a me fa venire la depressione.

«Ciao, Guenda.»

Sharon non alza lo sguardo dalle unghie che si sta limando con una determinazione maniacale.

«Buongiorno a te, Sharon» e mi chiudo in ufficio.

Tanto, anche se le ripetessi per la milionesima volta che in ufficio non ci si fa la manicure, non si mastica la gomma sbattendo la bocca e non si indossa un copricostume, mi guarderebbe con gli occhioni bistrati e, sempre ruminando, direbbe: davvero?

Quindi soprassiedo. In ogni caso, secondo i miei calcoli, ha i giorni contati. Gualtiero assume le segretarie basandosi sulle loro prestazioni sessuali. Al massimo restano sei mesi. Una sola è durata un anno e mezzo, ma l’aveva scovata al Mi Sex, una scuola specialistica molto qualificata. Con Sharon siamo agli sgoccioli della quinta mensilità e già ho intercettato segnali di fastidio. Non mi ha più chiesto di coprirlo con la moglie per affari urgentissimi o, traduzione letterale, serate infuocate.

Potrei scegliere io le segretarie, in passato lo facevo, ma poi dovrei sopportarlo mentre sabota il loro lavoro per avere la scusa di licenziarle e poter assumere la sua protetta di turno. Ho scelto il male peggiore.  Io mi sono tenuta la mia, al momento in vacanza, e lui ha il suo turnover.

Scorro l’agenda e sospiro. Gesù, oggi se parlerò in italiano dieci minuti sarà tanto. Possibile che l’Italia sia saccheggiata dagli stranieri? Non solo possibile, ma anche reale e previsto dal mio visionario genitore che ha sempre fatto pubblicità oltre confine.

I barbari, metaforicamente parlando, ma nemmeno troppo, sono arrivati a ondate. Prima dal nord Europa, tedeschi e inglesi, quindi un intermezzo mediorientale con gli arabi, e adesso i russi. Li ho incontrati tutti e sono diventata una nazionalista sfegatata.

La porta dell’ufficio si apre all’improvviso.  Il cuore mi sale in gola.

«È arrivato», mastica Sharon.

«Non bussare, mi raccomando, non vorrei ti si spezzasse un’unghia.»

Mi alzo e le passo di fianco senza degnare di uno sguardo l’espressione inorridita al pensiero della sciagura che le ho prospettato.

Lo sceicco Muhammad Nadir Al Nahyan mi aspetta nella reception.  Siccome viaggia in incognito, ha solo otto persone al seguito e non indossa la thobe, la tunica di un bianco abbagliante con colletto e polsini che aveva la prima volta che l’ho incontrato. Oggi è in doppiopetto gessato cucito su misura. Però porta la ghutra, con un cordone dorato a cingergli la testa. In incognito, proprio. Sorrido e socchiudo gli occhi, abbagliata dal fascio di luce proiettato dal brillante grosso come una nocciola che gli ferma la cravatta.

Abbiamo visitato un attico su due piani in Corso Venezia, un immobile di fine Ottocento a due passi dalla Scala e un appartamento di settecento metri quadrati su tre livelli con vista San Babila. Ho la gola secca e la mascella che mi duole dal tanto parlare e sorridere.

Invece lui è fresco come una rosa. Mi offre un calice di champagne, e pazienza se è mussulmano e l’alcol non lo dovrebbe neppure nominare.

Non c’è stato verso di rifiutare l’invito a pranzo. Ha riservato un’intera sala di un ristorante stellato. Ha ordinato direttamente allo chef, che ancora un po’ si prostrava ai suoi piedi, e adesso mi tocca mangiare le lumache alla Bourguignonne.

Io odio le lumache. Gli ebrei le giudicano animali impuri, ignoro il pensiero dell’islam al riguardo, ma poco importa.  Lo sceicco pare essere dispensato dagli insegnamenti del Profeta.

Ho i sudori freddi al solo pensiero di ingurgitare il mollusco strisciante mentre brindiamo alla nuova casa milanese dello sceicco. Nuove case, mi correggo. Non sa decidersi, così le compra tutte e tre, con buona pace della crisi.

Dovrei esserci abituata, quasi quindici anni a contatto con questo tipo di ricchezza avrebbero dovuto immunizzarmi, e invece no. Sono annichilita, incredula e anche incazzata nera. Non è possibile che un singolo uomo possa spendere più di trenta milioni di euro senza battere ciglio e ci siano ancora persone che muoiono di fame. Non ci riesco, non posso e non voglio pensare che sia normale. Non lo è. Questa gente potrebbe sfamare il terzo mondo e invece compra qualunque cosa capiti a portata del loro portafogli. É triste, triste, triste. Lo so che sono un’utopista inguaribile, lo so che questi soggetti permettono a me e alla mia famiglia di fare una vita agiata, so anche che grazie a loro posso finanziare la Fondazione Mario Brunelli, mio padre, per l’aiuto dei bambini di tutto il mondo, lo so. Ma questo spreco faraonico mi fa impazzire.

Lo sceicco sale in ufficio e si accomoda in sala riunioni. Sharon ci porta i documenti sculettando più allegramente del solito. La ragazza ha fiuto, sa che l’uomo seduto accanto a me vale molto di più di quello che la spupazza al momento.

L’avvocato di Hamad Al Nahyan legge i documenti, io no, non ce n’è bisogno. Li ha preparati Augusto Bramieri, il CFO della società, in parole più semplici l’uomo di fiducia di papà, l’amministratore perfetto, quello che ha permesso alla Brunelli Real Estate Agency di prosperare sotto la sua maniacale amministrazione.

Fosse stato per Gualtiero, ma anche per me, saremmo tutti a coglier banane.

Le tre proposte d’acquisto sono impeccabili. Lo sceicco le firma e l’avvocato mi passa quattro assegni, tre per i proprietari e uno per me. Quando se ne va, si lascia dietro il profumo dei soldi.

Tolgo le scarpe coi tacchi che mi torturano.

«E pensare che sognavo di vivere cercando la tomba di Alessandro» sospiro.

Sharon mi fissa inorridita.

«É morto? Che peccato, era così carino…»

Non so di chi stia parlando, ma… papà, se da lassù mi ascolti, fa’ che Gualtiero incontri la dea del sesso così che io mi liberi da questa piaga. Grazie.

Dopo tanto tempo eccomi qui con una bella sorpresa

Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ho condiviso qualcosa qui su Surfing life.

Ma è stato un anno particolare, indimenticabile, spaventoso e spero col cuore irripetibile. Il covid ha cambiato le nostre vite, ha cambiato il mondo a cui eravamo abituati.

Niente è come prima, la nostra socialità, il nostro modo di lavorare, ogni singolo aspetto delle nostre esistenze. Nuova vita.

Dicono che l’essere umano ha la capacità di abituarsi a tutto. Vero, non ci saremmo evoluti altrimenti, ciò nonostante, tutto quello che prima sembrava indispensabile, ora lo sembra molto meno.

In questi 9 mesi che mi sono sembrati eterni, ho riscoperto il piacere di starmene a casa, di frequentare la mia famiglia, di cucinare quotidianamente, giocare con i miei cani. Ho la fortuna di poter lavorare da casa, quindi professionalmente non mi è cambiato molto, però ho ripreso a scrivere.

Dopo tanto tempo eccomi qui con una bella sorpresa.

Sono felice di potervi annunciare l’uscita del mio nuovo romanzo: Il Re della piadina.

È una commedia, brillante e anche un po’ romantica, l’ho scritta perché ho bisogno di credere che andrà tutto bene, come ripete lo slogan, che vuole infondere una speranza di cui, ahimè, non v’è certezza.

Ma da scrittore ho potere di vita e di morte. Nel mio caso di ridere o piangere.

E io voglio ridere e sorridere, voglio vedere un mondo come piace a me, pieno di affetti, amici, amore, natura e animali. Ne Il Re della piadina c’è tutto questo, c’è la speranza di una vita migliore, la gioia della famiglia e la benedizione dell’amore.

Mi auguro di cuore di riuscire a trasmettervi in questo triste periodo, allegria, ottimismo e amore per le piccole cose della vita.

Per il momento vi lascio con il booktrailer e fra qualche giorno, l’11 dicembre, (guarda caso il 21° anniversario di matrimonio), con il primo capitolo de Il Re della piadina.

Ridere non è solo contagioso, ma è anche la migliore medicina.

ROBIN WILIAMS

Buona vita a tutti noi.